La sindrome del grafico a barre
- Davide Renier

- 13 nov
- Tempo di lettura: 3 min

Quando ci troviamo difronte al problema di mettere in formato grafico un dataset più o meno complesso e abbiamo a disposizione programmi come Excel, Numbers, Power Point o Keynote, nella stragrande maggioranza dei casi andremo a utilizzare sempre il solito tool grafico, che può essere rappresentato dal grafico a linee, quello a barre e a torta. Lo facciamo senza nemmeno pensare troppo se il tipo di grafico è realmente adeguato allo scopo.
In realtà ciò avviene sostanzialmente a causa di due fenomeni cognitivi ben noti in psicologia
Il primo di questi è chiamato Einstellung Effect, derivato dal tedesco e che può essere tradotto come atteggiamento o predisposizione. Per renderla semplice questo fenomeno ci porta a usare le soluzioni più familiari anziché cercarne di migliori. Questa "fissazione cognitiva" può verificarsi quando qualcuno si attiene a soluzioni già sperimentate nel passato, anche quando esiste una soluzione più efficiente.
Come funziona?
L’Einstellung Effect è un bias cognitivo descritto per la prima volta negli anni ‘40 dallo psicologo tedesco Abraham Luchins che dimostrò questo effetto con un esperimento: diede a un gruppo di persone una serie di problemi matematici simili, che potevano essere risolti con lo stesso metodo. Dopo averli abituati a quella strategia, propose un problema che aveva una soluzione più semplice e immediata—ma quasi nessuno la vide, perché era ormai bloccato sul metodo precedente.
Quando apriamo Power Point per realizzare un grafico, tendiamo a usare gli stessi grafici e gli stessi layout a cui siamo abituati, anche se non sono la soluzione ideale. Il tool diventa una gabbia invisibile, che ci impedisce di esplorare alternative più efficaci.
Il secondo fenomeno cognitivo è il Bias di Maslow, che ci fa vedere ogni problema attraverso il filtro degli strumenti che conosciamo, ignorando opzioni più efficaci.
Il Bias di Maslow prende il nome dalla celebre frase dello psicologo Abraham Maslow:
“Se l’unico strumento che hai è un martello, tutto ti sembrerà un chiodo.”
Maslow,, utilizzò questa metafora per descrivere un fenomeno psicologico comune: la tendenza a vedere ogni problema attraverso il filtro delle competenze, degli strumenti o delle esperienze che già possediamo, invece di adottare una prospettiva più ampia e flessibile. Questo fenomeno ci porta a forzare soluzioni familiari su problemi diversi, ignorando approcci potenzialmente più efficaci. Più siamo esperti in un determinato strumento o metodo, più rischiamo di diventare prigionieri di esso, perché il nostro cervello tende a cercare conferme nelle soluzioni che già conosce, anziché esplorare nuove possibilità.
Se usiamo un foglio di calcolo come appunto Excel, la nostra scelta andrà quasi sempre verso il grafici che conosciamo meglio come quelli costituiti di linee o barre, senza considerare che altre opzioni come una heatmap o una network visualization potrebbero essere più efficaci
Se l’operiamo solo con PowerPoint, la presentazione sarà inevitabilmente limitata ai suoi strumenti grafici
In definitiva è lo strumento che usiamo a diventare il nostro filtro mentale, e finiamo per limitarci a ciò che ci è familiare, invece di cercare il miglior approccio possibile.
Una soluzione possibile è quella di andare oltre ai tool disponibili creando una rappresentazione grafica ad hoc, magari disegnandola su carta e cercando poi, tra le soluzioni alternative disponibili, quella che può essere più convincete.
La primissima domanda che dobiamo porci è: qual'è l'obiettivo e cosa vogliamo rappresentare con la visualizzazione grafica? Un processo, una comparazione tra gruppi di dati? Evidenzaire differenze? Mettere in risalto relazioni?
A questo punto si aprono alcuen possibilità nell'amboto della daat-visualization, e alcune di queste le ho riportato nelle immagini qui sotto.
Questo argomento sarà afforntato in modo esaustivo con esempio pratici nel mio prossimo libro che sarà pubblicato entro fine anno: La presentazione scientiifca







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